domenica 31 maggio 2015

Solo 75 abitanti, ma nel cuore del villaggio ceco c'è il distributore automatico di birra

Un pugno d'abitanti (75 in tutto) tra Praga e Brno. Pianeggiante campagna della Repubblica Ceca. Eppure questo villaggio è avanti anni luce. Almeno brassicolmente parlando...

Se passi da Uhrinovice, infatti, a piedi o in bicicletta, puoi fermarti e bere una birra. Dopo il post di sabato, restiamo nel campo della spillatura meccanizzata, perchè è di un distributore automatico che stiamo parlando. 


Piazzato però nella piazza del paese, come un dispenser di sigarette. Proprio allo stesso modo: tessera per verificare la maggiore età, monetine e via, la spillatura fai-da-te è fatta.

L'idea è nata in chiave di promozione turistica (l'unico pub del villaggio è aperto solo la sera). Vabbè, il bicchiere sarà di plastica, ma vuoi mettere una pilsener on the road in piena Repubblica Ceca? E a 0.73 euro alla pinta, poi...

venerdì 29 maggio 2015

Birra in bottiglia come quella alla spina grazie alle onde sonore

Ha tutta l'aria di uno di quegli aggeggi che promettono di "cambiarti la vita". Che ci riescano, poi, sarebbe da provare. Ma per 150 dollari, se anche non facesse il "miracolo", sarebbe un investimento sbagliato tutto sommato almeno non disastroso. E, ad ogni modo, "It's scientific!", spergiura lo slogan della campagna promozionale.


Si chiama Fizzics l'ultima diavoleria che arriva dalla California. Ed è una sorta di spillatore automatico creato, sulla carta, per tradurre in bicchiere, nella maniera più performante possibile, una bottiglia di birra.

Vale a dire, versare un'artigianale (ma non solo), appena stappata, rendendola il più possibile simile a una birra alla spina. Come? Niente aggiunta di Co2 supplementare, solo onde sonore ad alta frequenza in grado di creare una schiuma più compatta, frantumando le bolle più grandi in microbolle maggiormente uniformi e in grado di proteggere più efficacemente sapore ed aromi.

Nei fatti, spiega il produttore, basta inserire la bottiglia nel trabiccolo (portatile), infilare nel collo un tubo dal quale viene pescata la birra, chiudere e poi spillare. Mah



Nata per morire: l'ultima birra di Brewdog si autodistrugggerà entro 45 giorni

Nata per morire. "Born to die", l'ultima creazione (in serie limitata) di Brewdog, è una birra destinata ad esser consumata entro 45 giorni

L'ennesima IPA del colosso scozzese che ha rivoluzionato il mondo delle artigianali, negli ultimi anni (sebbene questa definizione vada francamente ormai stretta all'etichetta in kilt), reca in sè una sorta di "pulsante d'autodistruzione", proprio come nei film di James Bond


Le IPA sono uno stile di birra per definizione da "banco del fresco": oltre i tre mesi dalla produzione, tendono, infatti, a perdere il loro caratteristico profilo aromatico, sublimato da un uso del luppolo - nelle migliori interpretazioni - quasi "artistico".

In questo caso, le componenti volatili dei luppoli utilizzati in cottura e soprattutto dry hopping (aggiunta di luppolo effettuata a mosto freddo) sarebbero talmente accentuate da spasimare per un consumo ancor più veloce, in modo da non incorrere nel rischio di veder "svanire" (letteralmente) la "magia".

Solo due lotti per questa imperial IPA da 8.5 gradi, in "scadenza" il 4 luglio prossimo. Per molti, ma non per tutti, insomma. Che sia all'altezza della sua istantanea fama, difficile a dirsi: senza dubbio, un'altra geniale trovata di marketing per i mastri "higlanders".

mercoledì 27 maggio 2015

La svolta di Hammer: le artigianali dicono addio alla rifermentazione in bottiglia

Il birraio Marco Valeriani
“Lavoriamo completamente in contropressione. Non rifermentiamo nulla, qui”. Lo ha spiegato e ribadito più volte, il birraio Marco Valeriani, sabato durante l'open day d'inaugurazione (QUI L'ARTICOLO) del birrificio Hammer, nel Bergamasco. E ha dovuto farlo, perchè anche a molti degli stessi appassionati in visita al neonato impianto di Villa d'Adda, il concetto è suonato alle orecchie come una vibrazione quanto meno inattesa.

Quella che è comunemente nota come birra “artigianale” – in attesa del battesimo di definizioni più esaustive – e spesso semplicisticamente qualificata anche come “cruda”, è, infatti, in genere proprio sinonimo, fra le altre cose (insieme alla mancata pastorizzazione o alla non filtrazione), di rifermentazione in bottiglia. Ovvero di quel processo che chi fa la birra in casa conosce bene e che serve in genere a completare la maturazione, dando quel quid necessario di bollicine grazie all'aggiunta di zuccheri di cui i lieviti rimasti nel mosto fermentato si nutrono, insieme all'ossigeno, generando anidride carbonica.


Cosa che non avviene con la tecnica di infustamento e imbottigliamento “isobarica”, largamente utilizzata in campo industriale e in via di sempre maggior diffusione anche fra i produttori delle artigianali (la utilizzano già diversi marchi noti, molti dei quali specializzati soprattutto in birre a bassa fermentazione). “Lavorando in contropressione – ha spiegato il birraio - la birra viene addizionata di anidride carbonica nei serbatoi e poi viene confezionata già 'gasata' all'interno di bottiglie o fusti. Questo sistema consente di garantire, in particolare per certi stili di birra (dalle pils alle american IPA), freschezza e aromaticità decisamente più elevate, perché la birra non va mai a contatto con l'ossigeno, che tende inevitabilmente a degradare il profilo aromatico del prodotto”. 

Ma non si pregiudica una “evoluzione” del prodotto? “La rifermentazione – ha spiegato Marco Valeriani - porta nelle bottiglie lievito ed ossigeno. Ed è impossibile avere la certezza che il lievito sia in grado di 'mangiarsi' tutto l'ossigeno: è per questo che le birre invecchiano. Questo può avvenire in ogni caso anche nella isobarica, che è più delicata proprio perchè anche un minimo difetto, ad esempio nel raccordo di una tubatura, può portare un'aggiunta indesiderata (fin sopra alle cento parti per miliardo) di ossigeno che pregiudica la stabilità del prodotto tanto quanto la rifermentazione in bottiglia. Se non è perfetta... fai un disastro: la birra si ossida in due ore! Ma è una tecnologia che, se utilizzata bene, può al contrario dare un prodotto molto più fresco e fragrante”.


Birre insomma praticamente senza lievito vivo, molto più cristalline, sono uno dei nuovi percorsi che le artigianali sembrano destinati ad imboccare, insomma. Ma al tempo stesso birre che necessitano anche di protocolli per il controllo della qualità più stringenti. “Dobbiamo controllare  l'ossigeno disciolto nella birra prima che vada nella confezione  – ha concluso il birraio – E poi attraverso prove di laboratorio, su bottiglie o fusti campione”.

martedì 26 maggio 2015

Il birrificio bergamasco Hammer ha aperto per la prima volta sabato le porte al pubblico



Ha aperto le porte agli appassionati sabato, il birrificio Hammer di Villa d'Adda. Festa d'inaugurazione per la creatura di Fausto e Roberto Brigati, affidata alle sapienti mani del birraio Marco Valeriani, esperto dosatore di luppoli già fino a non molti mesi fa artefice di creazioni pluripremiate per il brianzolo Menaresta.



Un'intera giornata durante la quale l'impianto bergamasco, sulla carta fra i primi venti in Italia per modernizzazione e capacità produttiva, si è schiuso per la prima volta agli occhi del pubblico. Un birrificio avveniristico, anzi un vero laboratorio, al quale i pochi fortunati protagonisti di un percorso guidato di visita hanno infatti messo piede, in mattinata, non senza sovrascarpe usa e getta "chirurgiche", una volta varcata la soglia. Nel video, una panoramica degli impianti in "presa diretta", commentata dalla viva voce del birraio.



Anche se la particolarità, a livello tecnologico, della nuova realtà produttiva sta soprattutto in un tecnica di infustamento e imbottigliamento in via di sempre maggior diffusione anche nell'universo delle artigianali, in grado di prendere il meglio dal mondo delle industriali per dar vita a birre ancor più d'alta qualità.

venerdì 22 maggio 2015

Una birra per celebrare l'800esimo anniversario della Magna Charta

Una birra per celebrare l'800esimo anniversario della Magna Charta. A produrla, il birrificio inglese Batemans, del Lincolnshire, contea che riveste storicamente anche un ruolo importante in relazione al documento, ospitandone una delle ultime quattro stesure originasli superstiti.


"Magna Carta è una parte estremamente importante della nostra storia, quindi quale modo migliore per celebrare questo traguardo che sollevare al cielo un bicchiere di birra", ha commentato Stuart Bateman, Amministratore delegato di Batemans Brewery.

La Magna Charta Libertatum è il primo documento, con cui il re Giovanni Senza Terra (fratello del famoso re Riccardo Cuor di Leone) riconobbe i diritti dei feudatari, della Chiesa, delle città inglesi e di tutti gli uomini liberi, nei confronti del sovrano d'Inghilterra. Fu scritta in latino il 15 giugno 1215. E' stata interpretata a posteriori come il primo documento fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini.

giovedì 21 maggio 2015

La birra nel deserto si fa catturando l'acqua dalla nebbia

Come produrre birra in uno dei luoghi più aridi del pianeta? Facile (si fa per dire): catturando le goccioline d'acqua sospese nella nebbia.

Questa l'incredibile trovata di un gruppo di ingegnosi produttori cileni, che nel deserto dell'Atacama hanno escogitato un sistema per intercettare l'acqua in sospensione, attraverso reti a trama fitta che imbrigliano le gocce e le convogliano in appositi serbatoi di raccolta, là dove precipitano meno di 0,004 pollici di pioggia all'anno, riuscendo a tradurre ben 24mila litri in bottiglie nell'arco di dodici mesi. 

Atrapaniebla” il nome della scottish ale prodotta nella città di Peña Blanca.

martedì 19 maggio 2015

Reggio Emilia per un weekend capitale delle birre acide

Per la serie... l'appuntamento birrario del mese. Occhi puntati su Reggio Emilia, da venerdì 29 a domenica 31 maggio. In agenda, l'Arrogant Sour Festival, evento promosso nei suggestivi Chiostri della Ghiara nel centro storico del capoluogo emiliano.

Se è vero che di birre acide se ne parla sempre di più, alla fine non è tuttavia così frequente trovarne traccia, anche nei festival di settore. In questo caso, invece, per gli amanti del "Brett" sarà una vera e propria full immersion (una sola immagine: un bancone da 40 metri con ben 70 spine).

Ci saranno tutti, ma proprio tutti (QUI L'ELENCO COMPLETO) i produttori nazionali (e i migliori esteri, da Tilquin a Cantillon) che si dedicano alle sour beer, come fulcro della loro produzione (alla Loverbeer, per intenderci) o anche solo con linee dedicate (come il Ducato), fino ad arrivare a birre speciali prodotte una tantum giusto per togliersi la voglia di "peccare" rispetto ai trend di più largo consumo (lungo e vario l'elenco, da Brewfist a Menaresta).

lunedì 18 maggio 2015

In Virginia è vietato mescolare la birra ad altri alcolici

Torna alla ribalta, la Virginia, uno degli stati Usa con le leggi più restrittive in tema di consumo d'alcol (VEDI ANCHE QUI). Già, perché, in tutte le altre nazioni della federazione a stelle e strisce è perfettamente normale mescolare birra ad altri alcolici, tranne che nell'antico baluardo del New England. Ora, semmai l'opportunità di miscelare qualsiasi altra componente alla birra resta tutt'altra storia... ad ogni modo, così è (se vi pare).

L'avevano scoperto per primi i ristoranti spagnoli, pionieri alle prese con una legislatura anti commistioni per preservare la purezza di birra, ma anche vino. La norma poi è stata cambiata per "salvare" la sangria, ma non tanto da "sdoganare" però i cocktail a base di birra e whiskey, ad esempio, ultimamente di moda. 

Alla luce della quantità imbarazzante di birre di qualità (che in Italia definiremmo artigianali, in molti casi forse un po' impropriamente) nel panorama americano, un problema che personalmente potrebbe lasciarmi indifferente. Ma ho sempre un debole per le stramberie Usa, che ci volete fare.

giovedì 14 maggio 2015

Da Unionbirrai e microbirrificio Elav due stoccate al colosso Heineken

Distano l'uno dall'altro meno di due chilometri. Solo che uno è "solo" - ancorché conosciuto nel mondo delle artigianali - un (micro)birrificio indipendente, mentre l'altro è lo stabilimento di punta in Italia di un colosso multinazionale. Succede a Comun Nuovo, nella piana a Sud di Bergamo: fanno entrambi birra, ma sono "vicini di casa" molto diversi fra loro.

La notizia è che gli "indipendentisti" del birrificio Elav in settimana hanno voluto togliersi la soddisfazione di indirizzare ad Heineken uno sbeffeggio "social" diventato ben presto virale fra gli internauti più attenti del settore. Un'immagine che fa il verso ai confronti all'americana di cinematografica memoria: quattro "soliti sospetti" fra i quali uno spicca nettamente, anche perchè è l'unico non a marchio Elav.


Cioè una bottiglia della serie "Le Regionali" di Birra Moretti (marchio di proprietà di Heineken) fra altre tre del dirimpettaio Elav e, sotto, un messaggio senza complimenti: "Chi fa finta di essere artigianale e invece è multinazionale?". Una canzonatura che ha fatto il giro di Facebook, ma che è stata al contempo abbinata anche a una richiesta d'indulgenza di "benignana" memoria (ricordate il comico toscano in Tuttobenigni durante il monologo su Dio, ribattezzato per l'occasione? "Guido - alzando gli occhi al cielo - si fa per scherzare, eh!", recitava il premio Oscar).


Insomma, "Stiamo solo scherzando eh Heineken!! ...non arrabbiatevi che noi siam piccoli e si gioca. Giocate anche voi, quindi ci si fa su una risata e pace", è quanto Elav ha teso a precisare nella didascalia dell'immagine. Anche se poi dal birrificio non ce l'hanno fatta a trattenere un'ultima stoccata: "Scusate l'influenza dialettale ma noi siamo bergamaschi... non facciamo finta".

Ma questo, per il colosso olandese, non è stato l'unico grattacapo, negli ultimi giorni. Anche Unionbirrai (principale associazione di categoria dei birrifici artigianali italiani) ha diramato una nota per stigmatizzare un servizio televisivo con Moretti protagonista nel quadro dell'appena iniziato Expo. Una lettera di precisazioni alla redazione del TG di Italia Uno "Studio Aperto" dopo la messa in onda di un servizio sulla birra artigianale realizzato interamente all’interno dello stand EXPO di Birra Moretti: "che artigianale non è", è il sottolineato distinguo.


“E’ una delle tante storie – si legge nella nota – in cui una multinazionale, neppure italiana, si approfitta delle nostre eccellenze e della percezione di qualità che all’estero si ha del nostro settore alimentare, per vendere i propri prodotti traendone profitto. Nessuna obiezione se una multinazionale acquista idonei spazi pubblicitari, ma quando è un telegiornale, quindi un organo di informazione super partes, a definire come artigianale il prodotto della multinazionale, allora si va a creare un danno enorme a tutti gli artigiani che duramente si muovono tra gabelle, burocrazia e difficoltà economiche”.

Unionbirrai ha anche invitato i giornalisti di Studio Aperto a partecipare ad un corso di degustazione birraria che si terrà prossimamente a Roma, con lo scopo di fare chiarezza sul significato del termine “artigianale”. Anche se, per dovere di cronaca, c'è da dire che nel servizio "incriminato" non c'è alcun riferimento al termine artigianale, utilizzato invece dalla conduttrice del Tg per introdurlo.

mercoledì 13 maggio 2015

Dove costa di più una birra media nel mondo: Parigi la più cara, Berlino spicca fra le low cost


Una recente ricerca a cura della Deutsche Bank ha aggiornato la classifica delle città al mondo in cui si paga di più (e di meno) una pinta di birra.


Un'analisi - il raffronto è stato uniformato in dollari americani - che ha fatto schizzare in cima alla top ten dei più cari i francesi, che nella loro capitale, Parigi, in media si trovano a pagare una media ben 7.60 dollari per ogni boccale.

Al secondo posto Singapore, dove una media costa 7.28 dollari, mentre la Grande Mela si piazza sul terzo gradino del polo: a New York una pinta è a 7 dollari al listino. Seguondo Wellington in Nuova Zelanda (6.77), Zurigo in Svizzera (6.22) e Melbourne in Australia (6.15).

Quanto alle capitali più low cost in tema di birra, il primato spetta a Johannesburg, in Sud Africa, dove in media una pinta viene messa a listino a soli 1.82 dollari. Poi Manila, Filippine (1.92), Rio de Janeiro, Brasile (2.46) e Città del Messico (2.62).

Spicca però Berlino: la capitale della Germania fa registrare un costo medio a pinta di appena 3.26 dollari, addirittura meno di Nuova Delhi, in India, dove un boccale vale 3.40 dollari.

martedì 12 maggio 2015

Pazzi per le trappiste: già tutto esaurito per l'open day di settembre alla brasserie Orval

Proprio mentre l'Italia si gode la nascita della sua prima birra trappista "certificata" (LEGGI QUI), se invece siete fan irriducibili della belga Orval probabilmente fareste di tutto per prenotare una visita durante il tradizionale open day settembrino all'interno dell'abbazia di Notre Dame d'Orval nella regione della Gaume.

Bene, mettetevi il cuore in pace. Per il 2015, niente da fare. Il birrificio trappista ha fatto sapere dal proprio sito Internet ufficiale, che i 3500 biglietti a disposizione gratuitamente sono andati letteralmente a ruba nel giro di poche ore dall'apertura delle prenotazioni.

Inutile quindi - specificano - inviare e-mail o intasare la segreteria della fabbrica. Bisognerà riprovare nel 2016.

Una birra d'eccellenza in controtendenza, Orval. L'etichetta che rappresenta un ideale per molti appassionati (si dice che il guru delle artigianali italiane, Teo Musso, la consideri la birra migliore al mondo) ha infatti recentemente annunciato la volontà di contenere la produzione proprio per non pregiudicare la qualità del prodotto.


Come in tutti gli altri birrifici trappisti, la birra è venduta solo per supportare economicamente il monastero e per altre opere di bene. Tutti i profitti provenienti dalla vendita della birra vengono distribuiti tra le popolazioni della regione per lo sviluppo della comunità.



lunedì 11 maggio 2015

Il frigo portatile fai-da-te per la birra da pic nic

Ok, non sarà sta gran trovata ma... a volte anche la scoperta dell'acqua calda può risultare utile a qualcuno. Ai più schizzinosi: forza, potete applicare la medesima teoria alla vostra etichetta preferita... vale per qualsiasi cartone di birra! ;)



GUARDA IL VIDEO REALIZZATO DAL NOTO YOUTUBER AMERICANO DAVE HAX:


venerdì 8 maggio 2015

Un "toscanaccio" con la birra nel sangue: Moreno Ercolani dell'Olmaia

Ci guardavano male e parlavano alle nostre spalle”. Comincia così, con un’affinità elettiva, l’incursione del birrificio Olmaia da Sant’Albino di Montepulciano, sui colli senesi, all’appuntamento di martedì del ciclo mensile #BirraioInSalotto al Baladin Milano. Due birrai, due “pionieri” in controtendenza, Teo Musso e Moreno Ercolani,  nati entrambi in "feudi" vinicoli

Moreno Ercolani e Teo Musso
Frequenze destinate a incrociarsi ante litteram: “Nel nostro paesello, avevamo un solo bar, ma aveva la Super: praticamente, una sera sì e una no ce ne facevamo una… Ah, e comunque non è vero che negli anni è cambiata: il fatto è che siamo cambiati noi!”, ha confessato sorridendo il birraio toscano.

Il colpo di fulmine s’abbatte fra i due nel 2003 a “Una birra per l’estate”, a Piozzo (Cn), nel quartier generale di Baladin (evento per appassionati della birra fatta in casa poi trasformatosi nel tempo ne “La guerra dei cloni”). “All’epoca era difficile anche trovare il malto… E gli homebrewer si conoscevano tutti: Leonardo Di Vincenzo (mattatore a febbraio a Rimini al prestigioso “Birra dell’anno”, ndr) ha preso certe ‘pettinate’, arrivando anche fra gli ultimi, agli inizi”, ha rivelato il mastro senese.

Due anni dopo, nel 2005, nasce in un casale del 1930 sperduto nel parco della Val d’Orcia l’omonimo birrificio: Olmaia è il primo vagito artigianale in terra di Toscana. “Appena aperto ci sono stato subito - ha confessato Musso - All’epoca era un po’ una mia regola, mettersi a disposizione di tutti gli emergenti (oggi sarebbe materialmente impossibile, vista l’esponenziale proliferazione) per crescere insieme”.

Eppure, dopo tanta Super, Ercolani ha anche valicato gli Appennini per “lavare i panni” nel lago di Como. “Agostino Arioli - fondatore del Birrificio Italiano, ndr - ha un casale non lontano da noi e amici in comune, sapendo che volevo aprire un birrificio, mi hanno spinto ad andare a fargli visita. Ma io sono un tipo molto schietto: non ho seguito il suo stile perchè per fare birra a bassa fermentazione ci vogliono molta tecnica, un’acqua ‘giusta’ e molto tempo (per maturazione e lagerizzazione): partendo da una piccola realtà è praticamente impossibile…”.

Oggi l’Olmaia è una delle realtà più quotate del panorama nazionale delle artigianali ed esporta con successo anche in estremo Oriente (Thailandia, Taiwan, Singapore). “Le prospettive qui in Italia non sono rosee. Non tanto per la birra, è il clima generale che non è favorevole”, ha ammesso non senza preoccupazione il birraio.


Il pubblico di via Solferino ha potuto degustare in sala “La 5”, golden ale fatta da Ercolani prima in casa, poi messa a punto in birrificio. Malto pils tedesco, due luppoli, uno tedesco e uno sloveno, niente spezie. “La sua forza è l’immediata riconoscibilità - ha commentato Ercolani - Il nome? Dalla mia prof d’Italiano - ha rivelato tra il serio e il faceto - Anche se, in realtà, è semplicemente il numero della cotta, che tenevo segnato a pennarello sul tappo. L’attuale compagna di Teo l’ha scelta come migliore fra 100 spine: quando lui m’ha chiamato per ordinarla, devo ammettere che è stata una bella emozione…”. 

Poi la platea ha avuto modo di assaggiare la “Tangerine”, ispirata a un celebre brano dei Led Zeppelin (“Dopo la birra, la mia più grande passione è quella per la musica”, ha con fidato il birraio-musicista), fatta con ingredienti tutti a stelle e strisce (luppoli in primis), seguendo un filone "georeferenziato" che ha dato vita, invece in chiave inglese, ad esempio a un’altra creazione come la bitter Starship (altro riferimento “zeppeliano” al boing usato per le tournée dalla band di Jimmy Page e Robert Plant).

Roma comanda il mercato della birra artigianale in Italia - è stato un inciso della chiacchierata - Lì al momento siamo a livelli tali di IBU (la scala di misurazione dell’amaro, che segue di pari passo la luppolatura, ndr) che la Tangerine sarebbe quasi considerata una birra dolce! In Rete c’è anche chi ne ha contestato l’ammostamento… ma se a te piace, nel bicchiere: mi dici che te ne frega?”.

Infine in sala la “Duck”. Malto e lieviti belgi, ma luppoli americani (“Il nome deriva dall’anatra... un modo di dire toscano per tradurre la sbornia").

Mi considero un nerd della birra - ha concluso Ercolani - Sono un toscanaccio a cui piace far ciò che gli piace…”. Sì, ma… e le beerfirm? “Ben vengano, non me ne importa nulla… ma - ha precisato il birraio - devono scrivere in etichetta chi sono! In Italia manca un regolamento che dica che tu brewfirmer sì hai messo l’etichetta e l’hai commercializzata, ma che l’ha fatta il birraio Tizio o il birraio Caio”.

mercoledì 6 maggio 2015

Tandem Kuaska/Camaschella alla fiera Mastro Birraio di Piacenza

Sono puntate sull'alta Emilia, questa settimana, le antenne dei birrofili nostrani. In agenda, la fiera Mastro Birraio Piacenza, evento dedicato all'universo delle creazioni artigianali made in Italy (ma non solo), erede della fortunata Birra Expo. Ventiquattro i birrifici presenti alla manifestazione, in cartellone anche tre approfondimenti a tema per focalizzare l'attenzione su aspetti peculiari del mondo “craft”. 

Lorenzo "Kuaska" Dabove e Andrea Camaschella
Come l'interessante focus dall'evocativo titolo "L'anello mancante tra i vini e le birre", vale a dire una lectio sullo stile d'origine belga a fermentazione spontanea del “Lambic” (in programma sabato alle 19) tenuta da di Lorenzo “Kuaska” Dabove (il più noto esperto italiano di birre), che si ripeterà anche il giorno dopo – per la giornata conclusiva – con un'impegnativa analisi sul movimento della birra artigianale italiana a 18 anni dai primi vagiti. Per l'apertura del venerdì, invece, un laboratorio sull'accostamento birre piacentine e salumi DOP piacentini a cura di Andrea Camaschella, esperto di birra di qualità, "beer teller" e scrittore poliedrico d'argomenti brassicoli.

lunedì 4 maggio 2015

Birre sessiste: il trash soft core

Alcuni esempi di come le etichette siano utilizzate a volte in maniera troppo maliziosa o addirittura inopportuna.


Oggi le ultime due, d'analoga "impostazione"... Probabilmente le più sessiste dell'intera carrellata, la seconda scandalosa anche nel titolo, oltre che per l'immagine.

domenica 3 maggio 2015

Birre sessiste: l'Opportunista

Alcuni esempi di come le etichette siano utilizzate a volte in maniera troppo maliziosa o addirittura inopportuna.


Oggi la "Opportunista" del londinese Oakademy of Excelllence. Eviva i clichè...

sabato 2 maggio 2015

Birre sessiste: una ale "di gran corpo"

Alcuni esempi di come le etichette siano utilizzate a volte in maniera troppo maliziosa o addirittura inopportuna.


Oggi la "Bristol's Ale" che il produttore Teignworthy tiene evidentemente a presentare come birra dotata "di gran corpo".

venerdì 1 maggio 2015

Birre sessiste: la "Delizia del giardiniere"

Alcuni esempi di come le etichette siano utilizzate a volte in maniera troppo maliziosa o addirittura inopportuna.


Oggi la "Delizia del giardiniere" del birrificio inglese Fallen Angel, che gioca su un doppio senso facilmente intuibile.