martedì 9 dicembre 2014

Mr Birrone ultimo #BirraioInSalotto dell'anno al Baladin Milano

E' stato Simone Dal Cortivo l'ultimo #BirraioInSalotto dell'anno al Baladin Milano. Il mastro del Birrone di Vicenza è approdato esattamente sette giorni fa alla corte di Teo Musso - che questa volta ha curato in prima persona l'intervista in forma di chiacchierata -per l'ultimo appuntamento del 2014 (si ripartirà a febbraio) della rassegna che ha visto ospiti quest'anno alcuni dei migliori professionisti del settore delle artigianali. E anche Mr Birrone non s'è tirato indietro, raccontandosi e descrivendo alcune delle proprie creazioni a beneficio – con tanto d'assaggi, naturalmente - della platea.


Una “malattia”, quella per la birra, diventata un lavoro. E tutto è cominciato quando, nel lontano 1998, Dal Cortivo stava passeggiando per le strade di Vicenza e, a un certo punto, ha fissato l'occhio su uno dei primi kit di Mr. Malt in una vetrina. “Il kit in realtà l'ho usato giusto la prima volta, ma è importantissimo per creare la scintilla. E comunque resto legatissimo alla dimensione hombrewing, tanto che nel mio stabilimento ho anche un angolo dedicato, in cui accolgo i visitatori – homebrewers in particolare – per svelar loro alcuni trucchi e mostrare anche qualche 'cimeli', come un'impastatrice 'rubata' al mio precedente lavoro...”.

Già perchè Dal Cortivo nasce panificatore. “Per 10 anni il panificio mi ha impedito di aprire un birrificio tutto mio – ha raccontato - Per sei volte ho scartato progetti di fattibilità, poi alla settimana, ho detto di sì”. E mentre il fratello proseguiva l'attività di famiglia, il mastro birraio riutilizzava anche celle frigorifere per fermentar le birre. “Perchè si dall'inizio ho deciso di brassare a bassa fermentazione, anche per via della vicinanza geografica con la Germania. Sono nato come antagonista di Teo”, è stata la battuta immancabile rivolta al padrone di casa. 


“Da hombrewer ero arrivato a 400 litri di impianto personale... un po' tantino per giustificare la produzione “personale” all'epoca consentita dalla legge italiana – ha confidato – Oggi ho un impianto da 12/15 hl che consente di fare una doppia cotta in un giorno. Ma nel 2015, inaugurerò un impianto nuovo a doppia cisterna”. Il Birrone oggi si situa fra i primi venti produttori in Italia. “Il concetto però, lasciando stare i numeri, è che le mie bambine devono far felici, quando son bevute”, è la filosofia del birraio.


Bassa alla tedesca”, il punto di riferimento, insomma. Il che presuppone un grosso lavoro a livello di conservazione e gestione della linea del freddo. “Servono cantine enormi (dove una bassa resta in cisterna circa 30 giorni), difficoltà enormi e anche costi enormi – ha raccontato - Per i primi anni, non ho acquisito volutamente nuovi clienti che non fossero dotati di una cella frigorifera loro. E' stata una scelta difficile, che alla lunga però ha pagato: ora sono i publican a chiamarmi per dirmi: 'Ehi, ora ho la cella, finalmente: manda le birre!'. E anche le consegne vengono effettuate con furgoni refrigerati. Perchè il binomio, scadenze brevi/qualità alta è inscindibile. Niente depositi, subito al cliente: perchè il fresco, nella mia filosofia, è vincente. E al tempo stesso, niente distributori o agenti: le mie birre ormai si vendono da sole!”.

Foto by Luca Galuzzi
In sala il pubblico ha degustato la “Brusca” (il nome deriva dal bruscandolo, un luppolo selvatico). “Una delle scommesse vinte all'inizio. Molto amara e erbacea ha conquistato il pubblico come alternativa autoctona alle Helles tedesche. Vado una volta al mese a Monaco a prendere il lievito... mi sto attrezzando cercando un laboratorio che lo faccia qua, ma è una buona occasione per assaggiare birre. I birrai tedeschi ci guardano per invidia, per la libertà che possiamo concederci noi a livello di stili”.

Poi è si è parlato della “Gerica” (sintesi fra GERmania e AmerICA). “Le APA? Un anno dopo aver aperto il birrificio ho comprato un sacco di Amarillo... non sapevo cosa farmene! Ma ecco la Gerica, con luppolo cascade, a 46 di ibu (scala d'amarezza, ndr), che vinto subito a Vinitaly. Profumata, agrumata, ma non pesante”. Mentre in sala ha fatto il proprio ingresso, per la seconda degustazione, la sorprendente "H", premiata a Rimini nella categoria gluten free.

E infine la “Cibus”, sottotitolo “Pane liquido”. “Una delle poche mie rifermentate, creata in occasione di una kermesse medievale, prodotta col 70% di frumento, con fermentazione a vasche aperte. Una weizen (l'unico in Italia a farla!) a 7,3, anche se Slow food la definisce una birra quotidiana”.

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