La birra si è ormai ampiamente scrollata dalle spalle, negli ultimi anni, ogni tipo di complesso d'inferiorità nei confronti del suo rivale storico, il vino. Non solo sul fronte dei consumi, ma anche a livello di appeal e prestigio le bevande “cugine” duellano con pari dignità. E a livello globale ormai la “sfida” si consuma in maniera spesso imprevista, con risvolti curiosi solo apparentemente eccentrici.
A rimescolare le carte, sono, infatti, ad esempio intrecci fra zone geografiche sorprendenti, resi possibili dalla globalizzazione. Vini del Nord-Ovest degli Stati Uniti che sfidano i più blasonati parenti francesi o italiani, così come allo stesso modo sta accadendo per la birra, non più appannaggio del solo Vecchio Continente. Oppure nazioni birrofile come l'Inghilterra che s'accostano al vino, così come in Spagna sta accadendo il contrario (analizzando il trend degli indici di consumo pro capite).
E uno dei laboratori fucina di statistiche è il ristorante, storicamente tempio per eccellenza del vino, dove invece sempre più fanno la loro comparsa anche carte delle birre di tutto rispetto, così come anche sommelier birrofili in sala. Secondo un recente sondaggio effettuato nel Regno Unito, ad esempio, se fino a un lustro fa al ristorante il cliente medio esitava ad infrangere le consuetudini ordinando una birra al posto di una bottiglia di vino, oggi questo passa dal 42% al 64% dei casi.
Ma a far girare la tavolozza dei colori è anche l'anagrafe. Perché non è più nemmeno così vero che la birra sia giovane ed il vino più agé. Uno studio Usa ha infine sorprendentemente decretato come la schiacciante preferenza per la birra da parte degli under 30 sia scesa in due decenni di oltre trenta punti (dal 75% al 40% circa), nonostante i giovani amanti del vino siano saliti solo di una decina di punti (dal 15% al 25%).
Insomma sempre più addio luoghi comuni, su entrambi i fronti, ma l’eterna sfida continua.
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