venerdì 20 novembre 2015

1.150 alberi donati da Carlsberg Italia alla Lombardia

Carlsberg Italia ha donato alla Lombardia 1.150 nuovi alberi. È questo il lascito concreto dell’esperienza dell’azienda a Expo 2015, frutto del progetto l’Orologio degli Alberi. Ideata in collaborazione con Legambiente Onlus e IEFE Bocconi, l’iniziativa ha permesso di rendicontare la quantità esatta di CO2 non immessa nell’atmosfera durante i 6 mesi di manifestazione universale, grazie all’utilizzo in Piazzetta della Birra di DraughtMasterTM, l’innovativo sistema di spillatura che elimina l’utilizzo di anidride carbonica aggiunta evitandone la dispersione nell’ambiente.


L’Orologio degli Alberi - “per dirla facile” – aveva l’obiettivo di trasformare la birra spillata in alberi secondo la formula certificata EPD (Environmental Product Declaration) 3 fusti = 1 albero. Così, sulla base delle 350.000 birre spillate nell’arco dei 6 mesi di Expo 2015 (l’equivalente di -25.000 kg di CO2), 1.150 alberi prenderanno dimora in Lombardia. Desio (Mb) è la città che riceverà la donazione in alberi più cospicua e con la loro piantumazione Carlsberg Italia contribuirà alla costituzione di un bosco diffuso prossimo alle città per circondarle di un polmone verde che le faccia vivere e respirare.

Birre artigianali italiane, bene alla spina e male in bottiglia?

Che si parli di pub ferrati in materia di birre d'eccellenza (insomma, non i finti pub anni Novanta stile Regno Unito con tre linee industriali e forse giusto la Beck's in bottiglia) oppure di beershop evolutisi con la mescita alla spina, il confine è davvero labile. Il concetto è che, in Italia, restano relativamente pochi (soprattutto a seconda delle zone geografiche) i locali pubblici in cui gli appassionati del genere (chiamateli beergeek, chiamateli beernerd o come diamine vi pare) trovano davvero soddisfazione. Poche "oasi felici" in cui trovare bottiglie tali da far scattare una trance agonistica pari solo a quella "antologica" tipica dei collezionisti, oppure birre alla spina degli stili più disparati in grado di dissetare anche le gole più pretenziose.


Parlando con alcuni gestori, negli ultimi tempi, mi sono imbattuto in un curioso fenomeno. Una tesi, meglio una tendenza - ancor tutta da verificare - che però affonda le radici in sensazioni avvertite non proprio dal primo che passa per strada, ma per primi dagli addetti ai lavori. Ovvero: la birra artigianale italiana va benissimo alla spina e male in bottiglia, le birre d'importazione invece se la cavano egregiamente in bottiglia senza far brutta figura neppure alla spina. Questo in generale - attenzione - facendo cioè una media a maglia larghissime fra ormai migliaia di etichette sul mercato.


Statistiche o dati è difficile produrne, ma chi sta dietro il bancone generalmente sa fare il suo mestiere. E per coloro per i quali questa è molto più che una sensazione, le interpretazioni sono comunque molteplici. 
C'è chi pensa che a far la differenza siano vicinanza e "noblesse": vale a dire che chi gusta non così frequentemente birre particolari (anche nel prezzo), potrebbe pensare che valga maggiormente la pena puntare su etichette d'importazione ("Tanto quella italiana l'abbiamo qua quando vogliamo", l'eccentrico ragionamento). 
Ma c'è anche chi la mette meramente sul piano della "scaffalatura": fate un po' il conto... 800 birrifici, almeno (ma proprio almeno) 3 tipologie ciascuno, obiettivamente star dietro alle produzioni nostrane, pur scremando non è semplice (forse meno difficile discernere fra le etichette estere, in questo senso importate con una varietà necessariamente più selezionata). 
O infine c'è chi ne fa una questione non di provenienza ma di qualità: la tesi è che in fusto le birre non arrivino ancora a sviluppare infezioni e "off flavours" generalmente più diffusi nelle distribuzioni in bottiglia (in questo senso a far la differenza sarebbe quindi la capacità del birrificio di lavorar bene).

Ai poster l'ardua sentenza...

giovedì 12 novembre 2015

Camionisti musulmani si rifiutano di trasportare birra: licenziati e risarciti con 240mila dollari

Questa è bella. Ve la faccio breve: due camionisti musulmani sono stati risarciti con ben 240mila dollari (circa 220mila euro) per esser stati licenziati dal loro datore di lavoro dopo essersi rifiutati di trasportare birra.


Insomma, praticamente due "obiettori di coscienza" nel nome di Maometto. E una giuria dell'Illinois (Usa) ha persino dato loro ragione, avallando la tesi della "discriminazione religiosa" sostenuta dai due cittadini americani di origine somala.

Non aggiungo altro, che è meglio.

giovedì 5 novembre 2015

C'è anche il birrificio Menaresta made in Brianza tra le "Storie d'impresa for Expo"

E se tra le eccellenze artigiane di Monza e Brianza ci fosse anche un birrificio? Più che un'ipotesi, una realtà quella del birrificio Menaresta di Carate Brianza che ha trovato giusta collocazione tra le pagine di “STORIE D’IMPRESA FOR EXPO. Un percorso che dà gusto: il bello e il buono del saper fare”. 

La copertina del volume
Il volume è stato presentato nell'ultima settimana di EXPO2015. Promosso da APA Confartigianato Imprese, Parco Regionale Valle del Lambro, con il patrocinio di Regione Lombardia, il progetto editoriale ha lo scopo di presentare ai lettori otto case history esemplari di PMI artigiane, in particolare del comparto alimentare e manifattura a basso impatto ambientale.

Menaresta, la cui prima "cotta" ha visto la luce nel 2007, è noto in tutta Italia e in Brianza è una vera istituzione tra gli amanti delle artigianali. I nomi sono quelli dei luoghi e dei simboli di questa terra e allora la Bevera è "come l'acqua del Lamber", Scighera è la nebbia che bagna le barbe e la Pan-neghar è pane liquido, ma di quello scuro, di quello buono.

Molti premi vinti dal birrificio gestito da Enrico Dosoli e da suo cugino Marco Rubelli, e oggi arriva anche questa citazione nel libro degli artigiani per Expo che premia la volontà di questi imprenditori di continuare a credere in un prodotto non industriale e genuino.  

Matteo Speziali per BirraNotizie