Edito da LSWR nella collana NaturalLifeStyle, “Guida ai locali birrari” è l'ultimo nato in casa MoBi, il Movimento Birrario Italiano. L'opera, curata da Massimo Faraggi e Sergio Riccardi, è strutturata in maniera semplice e “maieutica”. Le prime pagine sono dedicate a una prefazione, un'introduzione ed una guida alla guida. Come dire: ve lo vogliamo spiegare per filo e per segno come utilizzarlo, affinchè questo volume sia davvero uno strumento e non un dorso arancione nel plotone di tomi d'una libreria.
Poi, subito, i locali. Divisi per macro aree geografiche e quindi per regioni. E con i locali, i publican: “parola della quale sinceramente non riesco a trovare una traduzione italiana efficace”, cita l'autore della prefazione Luca Giaccone, col quale concordo pienamente.
E anche un po' di storia. Perchè se la guida è perfetta per scegliere il pub giusto per voi (per i vostri gusti, le vostre attitudini, e via dicendo), prima è necessario che prendiate coscienza del fatto che i locali, negli anni, non sono rimasti uguali. Anzi. Dai pub fotocopia di quelli anglosassoni, tutti uguali, sorti da fine anni Ottanta, passando per la “bomba” delle artigianali, fino ad oggi, ne è passata di birra sotto ai ponti...
E a rivoluzionare il tutto, impossibili non citarle in prefazione, alcune figure mitologiche. I birrai-publican del Baladin, del Birrificio Italiano, del Lambrate, quando il movimento delle artigianali a fine anni Novanta nasceva nei brewub e da quel trampolino diveniva poi un fenomeno nazionale. Ora si assiste a un ritorno al brewpub (o meglio al pub di un birrificio), nel quale i mastri trovano una valvola ove sfogare la creatività che altrimenti riuscirebbero con difficoltà a diffondere sul Mercato. E nascono anche gli Indiepub, che selezionano in base a logiche loro, non seguendo quelle della grande distribuzione.
Si insiste con queste benedette artigianali perchè anche per quello la guida è nata. Per riuscire a trovarle e degustarle (impresa non così scontata in un Paese dove la distribuzione resta, lo ripetiamo, uno dei grandi nodi principali). Anche se al di là del trend, i locali birrari vanno considerati a tutto tondo: perchè tante produzioni dall'Europa alle Americhe sono autentiche perle imparagonabili rispetto a tante etichette artigianali italiane (ce ne sono ormai più di 800) non sempre così dignitose.
Lo sapete – tanto per mettere subito le cose i chiaro - che differenza passa fra un brewpub, il pub di un birrificio, una taproom o un beershop con mescita? Beh, il primo è un pub che produce internamente (di solito dietro alle quinte), il secondo si differenzia dal primo per la produzione dislocata altrove, il terzo è invece una sezione di mescita interna a un birrificio, il quarto un negozio che dà anche la possibilità di aprire e gustare (a volte anche alla spina) le bottiglie acquistate.
Cento gli autori volontari/degustatori rigorosamente “sul campo” che hanno collaborato alla stesura del volume. Circa 600 i locali visitati e recensiti. Nessuna classifica o punteggio schematico (a contare sono le descrizioni), se non il timbro TOP MOBI per una cerchia di locali selezionatissimi dal team d'autori.
Una mappatura quasi totale, insomma. Il difetto maggiore, a mio avviso, è una mancata sotto-suddivisione per province che avrebbe facilitato davvero l'esplorazione, specie in regioni “dense” come la mia Lombardia. E qualche errore, ma sono gli stessi autori a mettere giustamente le mani avanti in premessa, essendo impossibile tenere una contabilità aggiornata al minuto dell'intero territorio (a Merate – Lc - dove lavoro, il Delirium pub dato per defunto nell'introduzione regionale è in realtà ben vivo e vegeto, mentre manca a mio avviso un “tempio” storico come la Birreria Cassina, ad esempio).
Nel complesso, ad ogni modo, uno strumento utile, ma anche interessante, pieno di cenni e aneddoti sul passato dei locali e dei loro fondatori (spesso nomi di peso della storia brassicola italiana), nei quali perdersi senza freni.
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