Giovanni Campari |
I concorsi? “Non portiamo mai tutte le nostre birre e non li facciamo tutti”. Le Ipa? “Lager luppolate e con carattere sono allo stesso modo interessanti”. Le beerfirm? “Sono malevole per il sistema”. La serata al Baladin Milano con Giovanni Campari del parmense Birrificio del Ducato per il sesto martedì del ciclo #BirraioInSalotto (QUI e QUI le prime due puntate) è stata anche una chiacchierata informale nel corso della quale il protagonista, incalzato dall'anfitrione Alessio Islaz, ha potuto saltare di palo in frasca fra spunti birrari e non e raccontare a ruota libera di amici e fascinazioni.
“Il birraio dev'essere in genere anche un buon degustatore, perchè deve saper riconoscere pregi ma soprattutto piccoli difetti in modo da affinare variazioni di volta in volta. Bisogna sapersi mettere in gioco: in questo noi italiani, rispetto ad esempio alla tradizione tedesca, ci sentiamo più liberi di sperimentare, tenendo sempre conto però che l'eccesso non porta da nessuna parte”, ha voluto aggiungere il birraio nel completare il quadro della propria visione del mondo delle artigianali.
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Arti marziali, scuola di coltello italiano... durante la serata s'è scoperto che il birraio-filosofo dal profilo greco ha anche un fisico allenato e interessi più empirici, come ha sottolineato Alessio Islaz citando le rivelazioni del collega birraio Luigi “Schigi” D'Amelio di Extraomnes durante un precedente martedì al Baladin (“Schigi è stato mio maestro durante i corsi di degustazione, è un provocatore nato e sulla tastiera diventa un belva”, ha sorriso Campari nel dar conferma delle proprie predilezioni).
E restando in tema di colleghi, fra i birrifici che Giovanni Campari porta nel cuore, naturalmente il Birrificio Italiano (“per la sua serietà”), Baladin (“per la sua visione imprenditoriale”) e Brewfist (“per il marketing”). Ma fra gli altri, il birraio parmense ha anche voluto citare Juri Ferri dell'abruzzese Birra Almond '22, Simone Dal Cortivo del vicentino BirrOne, Gino Perissuti del friulano Foglie d'Erba ed Enrico Dosoli del brianzolo Menaresta.
Giovanni Campari con la moglie e Alessio Islaz |
“Il mercato della birra in Italia è ancora tutto da costruire – ha concluso Campari – Quelli della mia generazione sono stati i primi ad aprire quello della ristorazione, che tuttavia è un fronte ancora aperto. Il punto nodale resta la distribuzione, oltre a una filiera con passaggi sostenibili anche a livello di prezzo finale. Ripeto, c'è ancora molto da fare: negli Usa il mercato delle artigianali in quattro anni è passato dal 6 al 12%, ma lì si parla di birrifici che producono fino a 200mila ettolitri l'anno, quando in Italia la media non arriva a 400/500”.
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