martedì 18 gennaio 2011

Tiramisù con la birra, ovvero il "birramisù"

di Pino De LUCA (quotidianodipuglia.it)
Quanto state per leggere potrà provocare due reazioni, non necessariamente antitetiche. La prima di rigetto, la seconda di derisione più o meno velata facendo appartenere quanto leggerete all’ampia gamma della “marchetta” nascosta che chi scrive di e(t)no-gastronomia può esser portato a fare. Non contesterò né l’una né l’altra ché non ho voglia di discutere con il
pregiudizio, racconto una storia come sempre e ciascuno pensi di suo, qualsivoglia pensiero non avrà influenza alcuna sulla mia placidità.

Causa la mia passione smodata per l’atavico gusto di tutto ciò che è commestibile o ritenuto tale, mi son ritrovato immerso, ancora una volta, nel mondo della birra. Una lambic che adoro (gueuze Cantillon) mi ci ha riproiettato dentro dopo un paio di anni di assenza. Ritrovato Teo Musso e agganciato l’insuperabile Kuaska che l’età ha reso molto meno scartavetrante, e Roy Paci e Peppe Barretta e Manila Benedetto, il turbine t’avvolge fino a scaraventarti in una esperienza modernissima e d’antico sapoe. Al Modò di Nardò con le sperimentazioni birresche di Raffaele Longo, anima del B94 e giovane salentino Doc. Cosa contraddistingue il salentino Doc in qualunque parte del mondo esso si trovi? Il caffé Quarta. Il caffé Quarta è l’icona del salentino da esportazione, in ogni valigia di studente, emigrato di piccolo o lungo corso, una o più confezioni di caffé Quarta sono obbligo morale.

Orbene, Raffaele ha pensato di coniugare l’ottima birra che produce con il caffé Quarta. Ha tirato fuori due Porter (entrambe con il nome Portresa) contaminate dal caffé, macinato una ed espresso l’altra. A me non piace nessuna delle due, tanto domina la potenza del caffé che stento a riconoscere il concetto di birra. Eppure è come le gueuze, sfido chiunque ad apprezzarle al primo sorso, che già non sputarla la prima volta che si gusta è cosa assai difficile. Son cose che si apprezzano con il tempo, ragionandoci sopra, meditando e rimeditando. L'ho fatto con le Portresa al caffé, e non mi hanno convinto come birre, ma se fate come vi dico appresso ne apprezzerete tantissimo il valore. Se sia merito della birra o del caffé non disputandum est.

Di tre uova andiamo a separare i tuorli dall’albume e quest’ultimo, con un pizzico di sale, montiamolo a neve ferma. Poniamo in frigo la spuma e occupiamoci dei tuorli. Posti, in una capiente terrina, ai tre tuorli si aggiungano tre cucchiai di zucchero e mezzo chilo di mascarpone e si amalgami tutto per bene. Ottenuta una crema morbida si aggiungano delicatamente le chiare montate inglobandole dal basso (basta inclinare la zuppiera, tenere le fruste immerse nella crema e farle girare lentamente mentre si accomodano le chiare superiormente), amalgamato il tutto. Si versa in un piatto fondo della Portresa al caffé espresso a temperatura ambiente, e si bagnino (non troppo) dei savoiardi nella birra e si dispongano a formare uno strato in una teglia. Si ricopra lo strato con la crema e si proceda con un altro strato di savoiardi disponendo sul medesimo il resto della crema. Spolverare il tutto con cacao amaro in polvere e si ponga nel frigo la teglia coperta per almeno tre ore. Lo hanno chiamato “Birramisù” con scarsissima fantasia, io non so come intitolarlo, so solo che mettendo nella birra un po’ di cannella in polvere e una grattata di noce moscata si ottiene un dolce veramente notevole, capace di sollecitare tutto l’apparato papillare, lasciando dominare la nota della dolcezza, senza essere stucchevole. Qui la medesima birra è compagna sicura magari nel primo pomeriggio per una piccolo breack, oppure, a mezza mattina con una di quelle composizioni da bar che chiamiamo “espressino”.

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