Esiste una contrapposizione tra birrofili e vinofili? Esiste. Nel paese dei Guelfi e dei Ghibellini vi pare che ci facciamo mancare una cosa così? Personalmente, sono vinofilo, ma soprattutto sono lib-lab, e comunque non riesco ad appassionarmi davvero a guerre di religione minori.
Per me la birra è la bevanda alcolica del disimpegno, delle ferie estive, del non-pensiero. Per dire che sì, molti vinofili sono il genere di stracciaballe che elucubrano delle mezz'ore su un calice di vino, ed è questo uno dei motivi che ci rende gli sfigati di successo che siamo. Per ripigliarci, ogni tanto, beviamo birra. Ma ovviamente non poteva trattarsi della solita birretta industriale (figuriamoci). Noi siamo il genere di persone che vanno a cercarsi i birrifici artigianali, quel tipo di micro-realtà produttive che sono sbocciate quasi ovunque in Italia. Mentre sono in vacanza nell'amata Isola d'Elba, segno del destino, scopro che qui di birrifici artigianali ce ne sono almeno due. Così la passione alcolica mi schioda dalla spiaggia, e vado a visitare uno di questi: Coti Nere.
Da Marciana Marina si sale, si sale, e quando il paesaggio assume i contorni di una stazione alpina (c'è pure la funivia) siete arrivati. Il micro birrificio è (appunto) micro, non è sul genere di quelle cantine che ci si annoia delle mezz'ore a girare tra le botti; questo potrebbe stare tranquillamente nel mio garage. Le birre sono disponibili in vendita diretta lucrando un euro (in cifre: 1) sul prezzo normalmente praticato dalle enoteche giù al mare. Ergo evitate l'ascensione se pensate di risparmiare: io pagherò euri quattro (4) per la mezza bottiglia di Dominus capsula bianca, ed altrettanto per l'omonima capsula rossa.
Adesso chiediamoci: le birre artigianali italiane (alcune, perlomeno) hanno prezzi da fuori di testa? La mia risposta è: eccome. Assaggio la weiss ("Elbaiss") alla spina, buona, con caratteristico aroma di cereali (non so se avete presente un silos di cereali), asciutta ed un po' austera, persistente. Mi spiazza la birra di castagne, di gran lunga la più concettuosa, forse non perfetta al naso: alla prima olfazione mi rabbuio, trovo note di stalla, che mi fa pensare a chissà quale difetto. Poi ci ritorno su e scavando (noi siamo il genere di quelli che scavano col naso) esce fuori la terra bagnata, il tabacco. Troppa grazia.
Per me la birra è la bevanda alcolica del disimpegno, delle ferie estive, del non-pensiero. Per dire che sì, molti vinofili sono il genere di stracciaballe che elucubrano delle mezz'ore su un calice di vino, ed è questo uno dei motivi che ci rende gli sfigati di successo che siamo. Per ripigliarci, ogni tanto, beviamo birra. Ma ovviamente non poteva trattarsi della solita birretta industriale (figuriamoci). Noi siamo il genere di persone che vanno a cercarsi i birrifici artigianali, quel tipo di micro-realtà produttive che sono sbocciate quasi ovunque in Italia. Mentre sono in vacanza nell'amata Isola d'Elba, segno del destino, scopro che qui di birrifici artigianali ce ne sono almeno due. Così la passione alcolica mi schioda dalla spiaggia, e vado a visitare uno di questi: Coti Nere.
Da Marciana Marina si sale, si sale, e quando il paesaggio assume i contorni di una stazione alpina (c'è pure la funivia) siete arrivati. Il micro birrificio è (appunto) micro, non è sul genere di quelle cantine che ci si annoia delle mezz'ore a girare tra le botti; questo potrebbe stare tranquillamente nel mio garage. Le birre sono disponibili in vendita diretta lucrando un euro (in cifre: 1) sul prezzo normalmente praticato dalle enoteche giù al mare. Ergo evitate l'ascensione se pensate di risparmiare: io pagherò euri quattro (4) per la mezza bottiglia di Dominus capsula bianca, ed altrettanto per l'omonima capsula rossa.
Adesso chiediamoci: le birre artigianali italiane (alcune, perlomeno) hanno prezzi da fuori di testa? La mia risposta è: eccome. Assaggio la weiss ("Elbaiss") alla spina, buona, con caratteristico aroma di cereali (non so se avete presente un silos di cereali), asciutta ed un po' austera, persistente. Mi spiazza la birra di castagne, di gran lunga la più concettuosa, forse non perfetta al naso: alla prima olfazione mi rabbuio, trovo note di stalla, che mi fa pensare a chissà quale difetto. Poi ci ritorno su e scavando (noi siamo il genere di quelli che scavano col naso) esce fuori la terra bagnata, il tabacco. Troppa grazia.
Dal momento che questa birra rifugge dal mio ideale di bevanda del non-impegno, decido che non ne sono degno e acquisto, appunto, le due Domina in bottiglia. La capsula rossa è un'ambrata mielosa al naso, più impegnativa in bocca. La capsula bianca è la mia preferita, insolita già dal colore totalmente opaco; è una chiara piacevole, goduriosa e versatile. Le abbinerò a qualsiasi cosa avrò voglia di cucinare in questi giorni, rigorosamente senza pensarci su.
unita.it
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