giovedì 10 aprile 2014

NON ho voglia di litigare: la birra artigianale è davvero così radical chic?

Ha suscitato un vivace dibattito nella comunità birrofila, un vibrante articolo recentemente comparso su dissapore.com e dal titolo “Ho voglia di litigare: sei cose che detesto della birra artigianale”.

Una provocazione a firma della collega Prisca Sacchetti, una che di birra proprio neofita non è. Ma s'è voluta comunque levare qualche sassolino dalla scarpa e con le armi del sarcasmo ha voluto “smontare” alcuni dei luoghi comuni e delle perversioni più di moda fra gli appassionati del settore.

E' stanca dell'imborghesimento della sua bevanda preferita, “di vedere gente che ficca il naso dentro la birra e mi elenca le sensazioni olfattive”. Non si sente un’esperta di grandi birre “per gli standard attuali”, anche se parla con evidente cognizione di causa del Lambic, e sentenzia che “alla braciolata in campagna con i tuoi amici devi portare una cassa di birraccia, non chissà quale capolavoro su cui spostare la conversazione”.

Però, alla fine, sezionando i SEI MOTIVI per cui l'autrice ODIA il “fantastico mondo della birra artigianale”, la provocazione viene ampiamente ridimensionata.

1. IL PREZZO. E' vero, le artigianali costano (in genere) di più rispetto alla grande distribuzione. Ma non ha tanto senso prendersela con la carta dei ristoranti, visto che rincari spropositati ce ne sono altrettanti – e ben più iperbolici – col vino. Il punto semmai è se – ristoranti o beershop che siano – il prezzo di una bottiglia di birra artigianale “valga la candela”: troppe volte capita d'imbattersi in produzione di birrifici magari di fresca apertura e ancora un po' acerbi, vendute come oro.

2. IL FOTTUTO KM 0. In realtà non pervenuto. Nel senso che fra le tante nel craft-universo, questa “fissa” nelle cronache non è sicuramente fra le preoccupazioni più d'attualità, salvo sporadici casi. 

3. IL VOLER ESSERE VINO. Che il “complesso di inferiorità verso il vino” sia un'evidenza, resta da dimostrare. Cerchie personali, contesti e vissuto fanno la differenza, per ciascuno. Vero però che nel “raccontare” la birra, spesso si scada in “tic e kit del degustatore di vino”, mutuando anche una terminologia enologica completamente fuori bersaglio.

4. IL FAMOLOSTRANISMO. “Volete darvi pace e limitare le spinte creative?”, tuona la giornalista mettendo all'indice luppolature estreme, birre speziatissime o “martirizzate dalla frutta”. In medio stat virtus, naturalmente... il successo delle migliori artigianali sta infatti in genere nell'equilibrio fra diversi fattori.


5. ACIDO NON E’ COSI’ BELLO. “Lo ammetto: il primo lambic ti disgusta, la quinta ti conquista, però diamoci una regolata”. Bene, ma i cultori delle birre acide sono una ristretta cerchia d'eletti scientemente votati a gusti particolari: considerarli un esempio emblematico (con tanto di taglio “in negativo”) è una forzatura

6. IL FANATISMO DEI NUOVI BIRROFILI. Non sopporto neanch'io la “nefasta e spocchiosa intransigenza” del “birrofilo feroce e polemico”. Si dovrebbe promuovere la cultura della birra in senso più ampio, rispettando gusti e inclinazioni, senza cercare “nemici” a tutti i costi, ma aiutando chi nutre interesse semplicemente a capire.

In conclusione, estremizzare in senso radical-chic causa l'itterizia. Vero. Così come demonizzare il largo consumo, anche quando produce birre tutto sommato di buon livello. Altrettanto perverso osannare artigianali molto spesso non all'altezza (e per altro dal prezzo immotivatamente iperbolico). 

Ma quando al palato capita d'incontrare quel qualcosa di speciale, quella scossa che dalla lingua arriva al cervello, non ne puoi più fare a meno e la ricerca di sensazioni sorprendenti da quel momento in avanti modificherà ineluttabilmente il tuo approccio alla birra, tanto da diventare per molti quasi uno "stile di vita".

1 commento:

  1. Ma che differenza c'è tra una birra artigianale e una industriale dato che la prima viene prodotta in uno stabilimento di dimensioni ridotte e l'altra in uno molto più grande? Semmai quella artigianale dovrebbe essere quella che mi faccio in casa con le pentole che ho in cucina, o quella che molti amatori si fanno da soli e senza esperienza nel brassaggio, col kit casalingo in plastica da 70 euro. Ma poi.....ma perchè si continua a freggiarsi del nome "birre artigianali" se per legge un prodotto di derivazione agricola non può esser tale? Bho? Tanti misteri in un mondo che in molti ci voglion far creder nuovo e unico! Per dirla in un famoso spot di cultura birraria di alcuni decenni fa, "meditate gente, meditate"!

    Iram
    Beer Cultur Ambassador Team

    RispondiElimina