Non capita tutti i giorni che ti nasca un birrificio a due passi da casa. Che poi a reggerne il timone sia uno dei più conosciuti mastri birrai italiani, a un appassionato non possono che brillare gli occhi.
Il suo nome è “Hammer” (qui la pagina Facebook) ed è l'ultima creatura venuta alla luce in una terra, la Bergamasca, già molto prolifica sul fronte della birra artigianale. La base operativa, in via Chioso, a Villa d'Adda (a due passi dal fiume e dal noto traghetto leonardesco), è in fase d'ultimazione: la prima cotta potrebbe già essere messa in cantiere entro il mese, il progetto entrerà nel vivo nel corso della primavera.
Ad affinarne tutti i dettagli (in questi giorni affaccendato fra fornitori di materie prime, etichettature, malti, luppoli e birre di prova), in cabina di regia, Marco Valeriani, classe 1981, medese cresciuto a Seregno, che in Brianza s'è affermato negli ultimi anni, insieme a Enrico Dosoli e Marco Rubelli, al birrificio “Menaresta” di Carate Brianza, dove ha firmato birre pluripremiate del calibro della “Due di picche” e della “Verguenza”, per intenderci.
La proprietà di “Hammer”, Fausto e Roberto Brigati, ha scelto lui per una sfida imprenditoriale ambiziosa: una superficie produttiva che si sviluppa su ben 1300 metri quadrati sulla quale trovano spazio una sala cottura da 20 ettolitri dotata delle più moderne automazioni, cinque fermentatori con serbatoi da 2500 litri ed uno da 5mila (per iniziare), una linea d'imbottigliamento a pressione isobarica, un impianto di depurazione per ottenere esattamente l'acqua con le caratteristiche desiderate per ogni tipo di birra, celle per lo stoccaggio della produzione e via dicendo.
Numeri che rappresentano la cifra di un investimento che colloca la nuova realtà fra i primi impianti in Italia, nell'orbita di marchi sulla cresta dell'onda come Birra del Ducato, Toccalmatto o Brewfist.
Marco Valeriani nel quartier generale del birrificio "Hammer", a Villa d'Adda, sul confine fra Bergamasca e Lecchese |
Homebrewer dal 2001, contagiato da un compagno d'università, Marco Valeriani è diventato tecnologo alimentare laureandosi nel 2006 con una tesi sulle analisi energetiche in un birrificio, nella fattispecie il Birrificio di Como. Poi una breve esperienza al birrificio Bi-Du di Rodero (oggi a Olgiate comasco), altre due stagioni in un'azienda d'aromi, quindi per quattro anni alla Ferrero di Alba.
Nel 2007 ha aperto i battenti il birrificio Menaresta, due anni dopo Marco ha iniziato a collaborare con loro, creando la “22 La Verguenza”. Dal 2012 è entrato in pianta stabile nello staff di Carate Brianza, dove ha dato forma anche alla “Summer”, oltre alla “Due di picche”.
Infine, alcuni mesi fa la svolta. Come a volte accade, figlia del caso e di una serata all'Ines Stube di Nibionno, dove, tra una battuta e l'altra (e una primizia e l'altra) al bancone, ecco l'incontro con Fausto Brigati, alle spalle qualche sperimentazione da hombrewer alla fine degli anni Novanta e poi appassionato a cavallo fra degustazioni ed eventi, fino ad un corso Unionbirrai nel corso del quale ha appreso l'ABC su come aprire un birrificio, per poi crogiolarsi da allora nell'idea di compiere un passo giunto alla meta proprio grazie all'incontro con Valeriani.
“Farò delle birre di stampo anglo-americano, con qualche deviazione 'crucca'”, ha simpaticamente svelato. Sicuramente una Kolsch, ma non nell'immediato. Una Pale Ale “ibrida” con malti inglesi e tedeschi e probabilmente luppoli tedeschi e inglesi e un “tocco” d'America. Una Amber Ale spiccatamente floreale, ancora sospesa fra America, Inghilterra e Germania (probabilmente Saphir e Sterling fra i luppoli). Ancora, una Smoked porter, oltre a una blanche con spezie orientali e persino una Imperial Stout.
Tante le idee in tempesta nella mente, insomma, ma naturalmente non mancheranno una Black IPA e naturalmente diverse APA/IPA, fra le quali una sui 6,5 gradi (quasi bionda), una Double IPA da 8 gradi, e una Imperial IPA da brassare una sola volta l'anno con fiori di luppolo freschi. Ma non si tratterà di “copie” delle precedenti creature del birraio. “Naturalmente partirò dalla ricerca sviluppata nel corso degli anni – ha confidato - ma i malti di base saranno modificati, la luppolatura diversa, bilanciata in proporzioni inedite”.
Naturalmente nuovo anche il progetto grafico sviluppato dal laboratorio d'idee londinese ByVolume.net, che in primis ha dato vita a un logo esattamente in guisa di marchio a fuoco.
Insomma, il dado è tratto: il “martello” è pronto a calare sul mercato delle artigianali. “Anche se ormai 'artigianale' è un termine che vuol dire tutto e nulla – ha concluso Marco Valeriani – Il nostro obiettivo è semplicemente quello di fare birra buona. La tecnologia naturalmente rappresenta un elemento importante. L'imbottigliamento isobarico, ad esempio, ti consente – per alcune tipologie - di bypassare i tanti problemi legati alla rifermentazione in bottiglia, regalando alla birra ancora più profumi”.
(CONTINUA)
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