Cercare di competere coi teutonici sul loro stesso terreno d'elezione sembra in effetti un azzardo, ma lo è forse più all'apparenza che nella pratica. Lo “sbarco in Germania” potrebbe infatti riscuotere un successo analogo al D-Day del '44, considerando in particolare due fattori: 1) le birre luppolate d'impronta americana sono il trend del momento (anche se effettivamente in Germania meno che altrove) e a proporle sarà un numero uno del settore; 2) i tedeschi, strettamente ancorati alle loro tradizioni, sono tradizionalmente un passo indietro rispetto agli altri sul fronte delle artigianali, dove c'è ancora sostanzialmente campo libero.
Insomma, facendo uno più uno, Koch si augura di sbancare il “banco” con un investimento iniziale di 25 milioni di dollari per trasformare una vecchio complesso industriale di Berlino. Una mossa strategica per risparmiare in termini di costi di trasporto sull'export ma anche in termini di tempi di distribuzione, per le “crude” più rilevanti rispetto alla produzione industriale pastorizzata.
Sì, ma – trattando birre dagli aromi rivoluzionari - come bypassare il “Reinheitsgebot”, il famoso “Editto di purezza” del 1516 che in Germania è ancora un dogma inviolabile (“Niente deve essere usato od addizionato per produrre birra che non sia orzo, luppolo ed acqua”)? Secondo Koch, semplicemente, i suoi stili rispetteranno alla lettera il diktat.
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