giovedì 27 novembre 2014

Il Woodstock pub di Milano torna al centro della scena, anche l'esperto Kuaska sul naviglio

Ben 45 anni di storia. Un pub che, evidente anche dal nome (il riferimento è al mitico concerto del '69), mette insieme cultura del buon bere e musicale e che, per decenni, è stato un punto di riferimento per la scena birraria milanese soprattutto in virtù della varietà della sua “zythoteca”. 

Lorenzo "Kuaska" Dabove
Il Woodstock di via Ludovico il Moro torna ora al centro della scena e la nuova proprietà ha tracciato una linea precisa: birre “impossibili” (da trovare altrove, o quasi), etichette “dedicate” e rilancio della cultura brassicola anche grazie ad esperti del calibro di Lorenzo Dabove, in arte Kuaska

Kuaska con il publican Fabio
Il più noto esperto a livello nazionale del settore è giunto lunedì sulle sponde del naviglio, su invito del publican Fabio D'Alterio, per essere protagonista di una degustazione secondo la consueta formula della chiacchierata a cavallo fra aneddoti e assaggi, dinanzi a una platea di neofiti curiosi, ma anche appassionati dal gusto esigente, alcuni dei quali già protagonisti di alcuni suoi viaggi fra Fiandre e Vallonia.


E proprio le due birre fatte appositamente produrre dal locale, col proprio logo, sono stati gli ingredienti più interessanti della serata. La prima ha offerto a Dabove l'assist per un viaggio virtuale nella cultura brassicola trappista. Prodotta, infatti, dal birrificio Cascinazza di Buccinasco (Mi), è approdata in sala la Woodstock Blond, una golden ale in perfetto stile belga dalle note aranciate e zuccherine. 

Pubblico in sala al Woodstock pub di Milano
“Leggera a livello di corpo, ma ben equilibrata”, è stato il verdetto dell'esperto, che ha usato parole d'elogio nei confronti dei “monaci trappisti made in Italy” dell'abbazia benedettina milanese, protagonisti, dagli inizi, di una decisa spirale evolutiva. “Trappista non definisce uno stile, ma una denominazione”, ha spiegato Kuaska addentrandosi fra racconti d'atmosfera inevitabilmente belga e anche qualche scoop per addetti ai lavori (“L'abbazia trappista di Orval ha pensionato lo storico birraio Jean-Marie Rock sostituendolo per con una donna, prima tecnico di laboratorio – ha svelato - Lui vorrebbe ora lanciare una birra tutta sua, ma non glielo lasciano fare... così s'è accontentato di produrre quasi 'in incognito' in Inghilterra, al Meantime di Greenwich”).

Altra etichetta dedicata, la Woodstock Hoppy Saison, questa volta brassata dal varesino Extraomnes (in sala non ha voluto mancare anche il mastro birraio Schigi D'Amelio, a Dabove legato da lunga amicizia). “Una Zest rietichettata – ha spiegato Kuaska – resa dal luppolo marcante 'Citra' balsamica e quasi resinosa, in una parola 'piney', concetto anglosassone che ancora non siamo riusciti a declinare compiutamente”.

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