Ad accendere la miccia è stata una
domanda posta da Alessio Islaz nel corso del terzo martedì “Insalotto col birraio” al Baladin Milano: “Il movimento delle birre
artigianali nel nostro Paese, sta cominciando ed essere veramente
“italiano” o ancora si limita ad attingere idee oltre cortina?”.
E quando a rispondere sono chiamati due
pezzi da novanta del calibro di Teo Musso e Agostino Arioli, il
dibattito non può tradire le attese.
Agostino Arioli |
“Noi italiani in questo campo
nasciamo “ignoranti”... orfani di riferimenti – ha tirato per
primo la stoccata il fondatore del Birrificio Italiano di Lurago
Marinone, Arioli - In Italia oggi ci sono 650 microbirrifici, ma molti
scelgono unicamente la via accattivante delle IPA e delle APA (Indiapale Ale e American Pale Ale, ndr), che grazie a luppoli americani
“della madonna” ti fanno esclamare “wow” alla prima
sorsata... ma è un'omologazione che personalmente non amo”.
“Io sono preoccupato per come sono
gli italiani – è stata invece la rilettura di “Mister Baladin”,
Teo Musso – solitamente superficiali e modaioli. E' per questo che
le IPA mi stanno un po' sulla pancia... non certo perchè non siano
piacevoli. Ma il fatto è che i luppoli americani hanno contagiato il
settore delle birre artigianali esattamente come è accaduto in
quello del vino, quindici anni fa, con la barrique: poi la moda è
passata... con le IPA invece ci troviamo ancora in piena fase di
fascinazione adolescenziale. La differenza è che dietro al vino, in
Italia una cultura radicata c'è, mentre nella birra manca”.
“La birra non è solo una “spremuta
di luppolo” - questa la chiave interpretativa del “guru” Musso
– Il problema delle IPA è che ce ne sono anche più di una per
ciascuno dei 650 microbirrifici italiani, ma sono veramente poche
quelle che raggiungono realmente equilibrio e piacevolezza. Io credo
che si andrà nella direzione di una “selezione naturale”: non
tutte sono degne di esserci, a spiccare saranno alla fine le
migliori”.
Teo Musso |
“Che vi troviate d'accordo voi due su
qualcosa è già un evento”, ha sorriso in conclusione Alessio
Islaz... “Arriveremo a mettere un cartello “NO IPA”
all'ingresso dei brewpub”, è stata l'ironica provocazione di
Arioli, ammettendo però poi d'aver “smussato” la propria
idiosincrasia solo poche settimane fa, avendo cotto una IPA made in
Lurago molto particolare. Ammissione che in ogni caso anche
Musso ha fatto seguire a ruota. Al di là delle allergie alle mode,
impossibile non riconoscere, infatti, il ruolo che le IPA stanno
ricoprendo nel far scoprire anche nel nostro Paese, a un pubblico sempre più interessato e numeroso, l'universo ancora
misterioso delle birre artigianali.
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