Automobili, memory card, schede perforate, batterie per i cellulari al litio, dischi blue ray, cassette magnetiche, lettori ottici, semiconduttori laser, display a cristalli liquidi, macchine fotografiche, obbiettivi, birre, sigarette e cosmetici. La lista dei prodotti che dal Giappone arrivano in Italia potrebbe essere ancora più lunga.
LA RETE DEGLI STABILIMENTI. Lettera43.it ha verificato una per una le sedi degli stabilimenti in patria delle maggiori multinazionali giapponesi, operanti in diversi settori: dall'automotive (Toyota, Nissan, Mistubishi, Honda) alla fotografia (Canon, Nikon), dall'elettronica (Sony, Sharp, Toshiba) alla cosmetica (Shiseido, Kanebo sensai), dalle birre (Ashai, Sapporo e Kirin) alle sigarette (Japan Tobacco).
La buona notizia è che gli impianti si trovano prevalentemente a Nord della capitale, nella prefettura di Ibaraki, o nelle regioni a Sud, verso Osaka, nei distretti che hanno una maggiore vocazione industriale.
La cattiva è che alcuni dei loro terzisti si trovano a Tohoku, la regione che comprende le quattro prefetture maggiormente colpite dal terremoto-tsunami (Iwate, Fukushima, Miyagi e Sendai) e dove si stanno registrando livelli di becquerel stellari.
BIRRE E COSMETICI A RISCHIO. Ma non si può escludere che, nel caos post terremoto con un Giappone che vuole rialzare la testa a ogni costo, come dopo Hiroshima, circolino fusti di Asahi, phard Sensai, shampoo Shiseido, e obiettivi Sanyo radioattivi.
Il gruppo Shiseido contattato da Lettera43.it non ha voluto fornire dettagli sulle dinamiche dell'import dei prodotti cosmetici in Italia. Mentre la Japan Tobacco ha sottolineato che i prodotti commercializzati in Italia provengono «esclusivamente da fabbriche dell’Unione europea e più precisamente da Trier (Germania), Hainburg (Austria), Gostkow (Polonia), Lisnafillan (Regno Unito) e Bucarest (Romania)». Ma nel mercato globale, alcune dinamiche commerciali non sono sempre trasparenti.
lettera43.it
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