lunedì 25 aprile 2011

Nelle carceri si produce di tutto, birra compresa

Dei circa 68 mila detenuti, in 14 mila lavorano, di cui 12 mila per l’amministrazione penitenziaria e 2 mila per realtà esterne al carcere (800 senza spostarsi dall’istituto). Ne parla il libro “Il mestiere della libertà” (2011, Altreconomia).

Ortaggi e frutta, vini e birra di qualità, biscotti e cioccolato, gelati, focacce e pane, persino orate biologiche. Ancora in pochi lo sanno, ma all’interno delle carceri italiane si produce di tutto, spesso con un livello di assoluta qualità, anche se gli ammessi al lavoro sono una minoranza: dei circa 68 mila detenuti nelle carceri italiane, in 14mila lavorano, di cui 12 mila per l’amministrazione penitenziaria (con mansioni non professionalizzanti, dai nomi pittoreschi come spesino o scopino) e 2mila per realtà esterne al carcere (tra questi, circa 800 lavorano senza spostarsi dall’istituto).


Nonostante le ampie potenzialità di crescita, l’economia carceraria è ormai una realtà economica assodata e in salute, come dimostra “Il mestiere della libertà” (2011, Altreconomia, 192 pagine, 14,50 euro), panoramica precisa e dettagliata di 100 progetti di lavoro in cui i detenuti possono accelerare la propria riabilitazione, acquistare una professionalità e allontanare lo spettro della recidiva.
In proposito, i numeri sono chiari: tra chi ha avuto un percorso lavorativo in carcere, soltanto uno su dieci torna a delinquere una volta scontata la pena, contro il 70% di chi non ha svolto un’attività lavorativa.



radicali.it

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