Prendete un vitello, deliziatelo con la musica classica e massaggiatelo con un guanto di crine. Una razione di birra al giorno per stimolarle l'appetito, pasti a base di cereali, barbabietole e patate. Per ottenere la pregiata carne Wagyu i giapponesi fanno così, da secoli. Per un vegetariano non è affatto rassicurante, per un carnivoro forse sì.
Da Kobe, la provincia del Sol Levante in cui vengono allevati i migliori esemplari, la tecnica è sbarcata anche in Italia, nella patria della mortadella. A Toscanella di Dozza, tra Imola e Bologna. Per non lasciare nulla al caso, Giambattista Lema, presidente di Lem Carni, si è fatto addirittura costruire una macchina brevettata per frizionare tre volte a settimana ogni bovino e ha avviato una collaborazione con i docenti della facoltà di Veterinaria dell'Università di Bologna, che controllano il piano alimentare degli animali. "Abbiamo cercato" dice Lema "di seguire al meglio la tradizione giapponese senza però dimenticare la nostra: allevare, cioè, capi del territorio: incroci di razze italiane come la Bruna Alpina, la Valdostana e la Sarda. Dei cinquecento capi contiamo di vendere il 20-30 per cento delle carni tipo Kobe in Italia, il resto all'estero".
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